Paul Valéry

Paul Valéry (Sète 1871-Parigi 1945), discepolo di Mallarmé, amico di Gide e Pierre Louÿs, dopo i primi brillanti esordi poetici, rompe con i suoi idoli giovanili (Poe, Rimbaud, Wagner) per immergersi nello studio delle matematiche. Deciso a stabilire l’unità creatrice dello spirito, pubblica Introduction à la méthode de Léonard de Vinci (1895) e si crea una sorta di eroe intellettuale nel personaggio di Monsieur Teste (1896). Dopo un periodo consacrato alla politica e all’economia, Valéry ritorna alla poesia con La jeune Parque (1917), sintesi mirabile di astrazione e voluttà, a cui seguirà la raccolta Charmes (1922), dove spicca Le cimetière marin. Negli anni ’20 inizia suo malgrado un’intensa attività di saggista e conferenziere, che gli consente di spaziare dalla lingua alla pittura, dalla musica alla letteratura, dalla storia alle scienze (Variété, 1924-1944; Regards sur le monde actuel, 1931; Tel quel, 1941-1943). Autore di dialoghi più o meno socratici (Eupalinos ou l’Architecte, 1923; L’âme et la danse, 1923; L’idée fixe, 1932), e di balletti-melodrammi (Amphion, 1931; Sémiramis, 1934), Valéry ha lasciato diverse opere postume (Mon Faust, suo testamento spirituale) e soprattutto gli inestimabili Cahiers, vero e proprio laboratorio quotidiano del suo pensiero. Eletto accademico di Francia nel 1925, al seggio che fu di Anatole France, dal 1937 Valéry ha occupato la cattedra di poetica al Collège de France.
Paul Valéry

IN MORTE DI UNA CIVILTÀ