Ultime Opere

Le Opere Nino Aragno Editore di ultima pubblicazione
JOSEPH DE MAISTRE

Charles-Augustin de Sainte-Beuve

JOSEPH DE MAISTRE

Biblioteca Aragno

Il ritratto letterario che Sainte-Beuve fece di Joseph de Maistre è senz’altro uno dei più suasivi, dei più lucidi. Tracciato vent’anni dopo la morte del sulfureo, luciferino, innominabile Conte, resta a oggi quello che più avvince. Sainte-Beuve ci mostra infatti de Maistre dalla cuna all’avello, da Chambéry a San Pietroburgo, divagando, indagando. Mai i principi della sua ritrattistica letteraria hanno trovato più luminosa applicazione. Sainte-Beuve si metamorfizza in de Maistre, ne fuoresce; cerca di comprenderlo, poi se ne smarca; ne apprezza il frizzo speculativo, l’ammira, ed ecco che tosto lo canzona. Sempre – beninteso – col gusto della sfumatura, dell’ammicco sornione.

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IN PROVINCIA

Michele Brambilla

IN PROVINCIA

Biblioteca Aragno

Chi era il baro Rimediotti? E il ragionier Bisigato? E il barbiere Definitivo? E il contadino Batistì? E ci sono ancora le vecchie botteghe di una volta? E chi sono i biasanòt? E davvero l'irreprensibile dottore avvelenava le tisane? In un viaggio che è soprattutto nei sentimenti, Michele Brambilla è andato a cercare storie e figure, oggi forse fantasmi di una profonda provincia raccontata negli anni da grandi scrittori, grandi registi, grandi cantanti. Protagonisti di queste pagine sono palcoscenici umani resi universali dalla letteratura, dal cinema e dalla musica: la Luino di Piero Chiara, la Treviso di Signore e Signori, la Bassa Bergamasca dell'Albero degli zoccoli, la Parma della Califfa di Bevilacqua, la Rimini di Fellini, il Vercellese della bellissima mondina Silvana Mangano di Riso Amaro, la Bologna di Francesco Guccini e Pupi Avati. Racconti che ci accompagnano nel microcosmo della provincia italiana, a volte malinconico e a volte divertente, a volte meschino e a volte generoso, a volte superato e a volte immortale: mai, comunque, banale.

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LO SPIRITO DELL'ARIA

Georgiana Spencer Cavendish

LO SPIRITO DELL'ARIA

Biblioteca Aragno

Luci ingannevoli e tetre ombre si susseguono nel romanzo epistolare di una giovane nobildonna, Georgiana Cavendish, duchessa del Devonshire, che prende spunto dalle proprie delusioni per raccontare le disavventure di una coetanea, una ragazza originaria del Galles che, dopo il matrimonio con il dissoluto Lord Stanley, sembra destinata a perdersi nel gorgo della più deleteria mondanità londinese. Sarà un misterioso sedicente “spirito dell’aria” a redimerla e a introdurla, come un autentico mistagogo, ai misteri dell’animo umano, prima di rivelare la propria identità e di realizzare, così, la felicità di entrambi. Lo spirito dell’aria (1779), scritto con uno stile limpido ed elegante, ispirato ai modelli dei gradi maestri, da Richardson a Rousseau, ritrae dall’interno (cosa rara) l’aristocrazia georgiana della seconda metà del Settecento e offre un impietoso ritratto dei suoi costumi e delle sue dissolutezze. Le moderne edizioni inglesi e americane hanno consentito, dopo quasi due secoli di oblio, di riscoprire l’importanza di un’opera, qui presentata per la prima volta in traduzione italiana, il cui successo dipese dal fatto che dichiarava apertamente il tratto più caratteristico della nobiltà inglese del tempo: la più completa e spudorata mancanza di cuore.

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VITA E IDEE RELIGIOSE IN ITALIA NELLA PRIMA ETÀ MODERNA

Adriano Prosperi

VITA E IDEE RELIGIOSE IN ITALIA NELLA PRIMA ETÀ MODERNA
Ricerche storiche

Biblioteca Aragno

Nella storia del paese Italia l’unità culturale, linguistica e religiosa ha preceduto di qualche secolo l’unità politica. E’ stata questa la differenza fondamentale con gli altri stati nazionali che ha segnato a lungo i rapporti interni all’Europa. Quale ne fosse la causa apparve evidente a Niccolò Machiavelli che confrontando l’Italia con la Francia e la Spagna si pose la domanda   perché la moderna realtà dello Stato non fosse nata anche da noi. E vi rispose con una pagina celebre: «Abbiamo… con la Chiesa e con i preti noi italiani questo primo obligo di essere diventati sanza religione e cattivi; ma ne abbiamo ancora uno maggiore, il quale è la seconda cagione della rovina nostra. Questo è che la Chiesa ha tenuto e tiene questa provincia divisa» (Discorsi, libro I, capitolo 12). Nella grande crisi dell’età della Riforma l’Italia rimase divisa sul piano politico, ma la Chiesa romana vi mantenne una netta egemonia come l’istituzione suprema di un paese cattolico. Al centro degli scritti qui raccolti c’è la fase di passaggio dallo stato di decadenza tardo-medievale delle istituzioni  del governo religioso dei laici – parrocchie e diocesi – ai primi inizi di una restaurata disciplina morale e disciplinare del clero mentre sotto il controllo dell’inquisizione il paese «sanza religione» si veniva assuefacendo agli obblighi di una  durevole “fede italiana”.

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TRA EVANGELISMO E CONTRORIFORMA

Adriano Prosperi

TRA EVANGELISMO E CONTRORIFORMA
Gian Matteo Giberti (1495-1543)

Biblioteca Aragno

Gian Matteo Giberti è stato nella sua breve vita un protagonista della scena politica e di quella religiosa del primo ‘500. Come uomo di fiducia dei papi medicei si impegnò nella politica che fu detta della “libertà d’Italia”, come ricerca da parte del papato di garantirsi libertà d’azione nella penisola giocando sulla presenza contrapposta di Francia e Spagna. La schiacciante vittoria di Carlo V e il Sacco di Roma portarono al fallimento di quella strategia. Giberti dovette abbandonare Roma e l’attività politica, salvo accettare isolati incarichi dove mise a frutto le sue relazioni ed esperienze precedenti. Al centro della sua attività si collocò, da allora in poi, il governo della diocesi di Verona, dove stabilì la sua residenza di vescovo offrendo così un esempio insolito nel sistema che vedeva allora nel corpo ecclesiastico la pratica della scissione tra le rendite del beneficio ecclesiastico e l’esercizio effettivo del dovere di cura d’anime. Quella sua scelta era maturata già nella corte romana dove aveva dato prova di rigore morale scontrandosi con l’Aretino e unendosi alle pratiche devote di una piccola compagnia. Se allora si era impegnato in una corrispondenza con Erasmo per convincerlo a prendere le distanze da Lutero, come vescovo mostrò di condividerne l’interesse per la Patristica. Tra le opere pubblicate dai suoi collaboratori ci furono scritti di autori come Giovanni Crisostomo accanto a opuscoli in volgare di meditazioni spirituali e di istruzioni per il clero per rimediare allo stato di ignoranza e di superstizione della popolazione. Come vescovo, ricorse sistematicamente all’uso delle visite pastorali. Intorno al vescovo si raccolse allora una piccola corte animata da personaggi come Marcantonio Flaminio, Bernardino Ochino e Reginald Pole.  Il rinnovamento religioso di cui la Verona gibertina propose il modello era animato da un evangelismo che destò sospetti di eresia, ma ebbe il sostegno del neoeletto cardinale Gaspare Contarini. Il fallimento del tentativo di Contarini di conciliazione coi protestanti, dette impulso agli intransigenti. La nascita dell’Inquisizione Romana e la fuga a Ginevra del popolarissimo predicatore Bernardino Ochino, costrinsero Giberti a prendere le distanze dal partito degli “spirituali”. Nell’ultimo periodo della sua breve vita si concentrò nella stesura e pubblicazione delle Costituzioni per il clero e nel tentativo di ottenere da papa Paolo III la nomina di un successore che facesse residenza in diocesi. Definito come il “modello del buon pastore” nell’opera scritta in sua memoria da un suo stretto collaboratore, il suo esempio doveva lasciare una impronta nell’operato del Concilio Tridentino e in quello di Carlo Borromeo. 

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